Brevi nozioni sugli strumenti finanziari

PIC O PAC ?

Nel mondo degli investimenti finanziari, sono due gli acronimi che più ricorrono quando si parla di strategia; il PIC e il PAC.
Per coloro i quali non hanno mai sentito utilizzare questi due acronimi da qualche operatore, è necessario spiegarne il significato.
Il PIC o Piano di Investimento di Capitale, è l’investimento in un’unica soluzione ed è adatto a chi possiede già un patrimonio; l’obiettivo principale di chi investe con questa strategia è l’accrescimento delle somme, il loro mantenimento e, se necessario, la possibilità di ottenere un reddito aggiuntivo attraverso cedole o proventi.
Il PAC o Piano di Accumulo del Capitale, è una strategia che consente di creare un capitale, in un periodo medio-lungo, attraverso l’accantonamento periodico di piccole o grandi somme. L’idea è quella di accantonare nel miglior modo possibile il denaro che, sul conto corrente, rimane inutilizzato ed investire a “piccole dosi” diversificando in tutto il mondo ed in vari strumenti finanziari.
“Insomma… E’ più conveniente investire tutto in una volta sola ed uscire dall’investimento quando si è soddisfatti del risultato oppure, siccome è impossibile entrare sul mercato nel momento perfetto, è meglio investire a rate per diminuire i rischi e mediare i prezzi degli strumenti sottoscritti?”
Sarebbe facile farsi guidare dalle esperienze, e dai consigli altrui, ma analizziamo i numeri, che non mentono mai…
Tenendo conto di un periodo sufficientemente lungo (10 anni) per apprezzarne i risultati, quello che si osserva è, innanzitutto, che la strategia del PAC è molto meno rischiosa e che le probabilità di ottenere buoni risultati sono più elevate. Mentre, con la strategia del PIC, i risultati possono anche essere eccezionali ma avvengono con meno probabilità e sopportando rischi maggiori di mancato rendimento.
Rimanendo sull’analisi, la media dei risultati delle due strategie è molto vicina ma, se capita di entrare in un momento non favorevole, le perdite sui PIC sono molto più accentuate di quelle dei PAC (mediamente il doppio). E se l’ipotesi viene allungata in termini di tempo, 15 o 20 anni, il rischio tende a diventare simile per le due strategie.
Stando attenti ai costi di sottoscrizione e ai costi ricorrenti del piano, la strategia migliore sembra essere il PAC. Consente di investire gradualmente somme anche piccole, di gestire con meno stress eventuali cali di mercato e di ottenere risultati mediamente migliori. E in un momento di grande volatilità come questo, il mio consiglio è di investire con questa strategia.

BASSA EDUCAZIONE FINANZIARIA E I NOSTRI SOLDI

Ogni giorno ci troviamo davanti a situazioni che hanno a che fare con i nostri soldi: scegliere se consumare oggi o domani, richiedere un prestito o un mutuo, pianificare il proprio futuro previdenziale.
Eppure, numerosi studi e ricerche sul tema dell’educazione finanziaria hanno dimostrato che la maggior parte dei risparmiatori italiani non è in grado di comprendere concetti o prodotti finanziari di base.
Il livello di educazione finanziaria nel nostro paese è molto basso, con valori paragonabili a quelli delle economie in via di sviluppo. L’Italia è penultima in Europa, davanti solo al Portogallo, per tasso di adulti in possesso di conoscenze finanziarie di base (37%). Il confronto si aggrava se si guarda ai paesi del G-20, quali ad esempio Germania (66%) o Canada (68%).
Per i risparmiatori italiani quindi è più difficile effettuare scelte informate e intraprendere azioni efficaci per migliorare il proprio benessere finanziario.
Il costo o l’impatto dell’analfabetismo finanziario può essere visto da diversi punti di vista.
Ho individuato almeno alcuni motivi per cui una bassa educazione finanziaria mette a rischio i tuoi soldi.

1) Perdere opportunità di risparmio e investimento
Non comprendere il significato di concetti di base come inflazione e tasso di interesse ti fa mancare importanti opportunità di risparmio e investimento. I risparmiatori italiani sono soliti tenere la liquidità sul conto corrente (o sotto il materasso per intenderci). Questa “non scelta” si paga a caro prezzo a causa degli effetti deleteri dell’inflazione e del costo-opportunità di un investimento più redditizio.

2) Aumentare le possibilità di andare in bancarotta
Non avere una buona alfabetizzazione finanziaria porta le persone ad indebitarsi di più e in un modo non sostenibile. Ne è un esempio la bolla dei mutui subprime, scoppiata negli Stati Uniti nel 2008, quando un elevatissimo numero di famiglie dichiarò fallimento sui mutui immobiliari che erano stati facilmente concessi dalle banche poco tempo prima.
Oltre a questo, c’è il rischio di imboccare il tunnel del gioco d’azzardo, una patologia che ogni anno fa perdere 96 miliardi di euro agli italiani, senza contare gli annessi costi sociali.

3) Ignorare l’esistenza di strumenti finanziari tax-free
Essere poco informati sulle ultime novità del mondo dei risparmi ti porta ad ignorare l’esistenza strumenti finanziari che offrono interessanti vantaggi fiscali.

4) Pagare di più per prodotti e servizi finanziari
È meglio un tasso fisso o variabile? Non conoscere i vantaggi o gli svantaggi dei tassi di interesse fissi e variabili comporta il rischio di contrarre prestiti a tassi meno vantaggiosi rispetto alla media del mercato.

5) Incapacità di affrontare recessioni economiche e imprevisti
Una carente educazione finanziaria espone le persone ad un maggior rischio di impoverimento durante gli imprevisti della vita o le fasi di recessione economica . Per contro, chi ha una buona educazione finanziaria possiede un’assicurazione o un fondo risparmio dal quale attingere nei momenti del bisogno.

6) Non aver pianificato degli obiettivi di risparmio
Risparmiare per obiettivi aiuta l’investitore a mettere da parte i soldi in modo più efficiente. Numerosi studi condotti sul tema dimostrano che la maggior parte dei risultati negativi in tema di investimenti sono connessi ad una mancanza di chiarezza e concretezza nel fissare gli obiettivi di risparmio.

7) Procrastinare il risparmio per la pensione
Non avere ben chiaro il concetto di tasso di interesse composto conduce l’investitore a procrastinare il risparmio nel futuro. Niente di più sbagliato quando si tratta di risparmiare per la pensione. Iniziando prima infatti il risparmiatore ha più possibilità di far crescere nel tempo il suo capitale, proprio grazie alla forza dell’interesse composto.

MIGLIORA IL RENDIMENTO IN POCHE MOSSE!!

Investendo non puoi mai essere certo del rendimento che otterrai. Ci sono però diverse cose che puoi fare per aumentare le possibilità di avere un buon risultato. Ecco le linee guida che ti possono aiutare a gestire il rischio e a migliorare il potenziale della tua strategia di investimento nel lungo periodo.

Pianifica

Chiarisci bene lo scopo del tuo investimento e il risultato che desideri ottenere per decidere la strategia di investimento più adatta. Ci sono tre domande che devi porti:

a)      Qual è il tuo obiettivo? Potresti voler accumulare 10.000€ per cambiare l’auto oppure costruire un capitale da affiancare alla pensione o semplicemente far fruttare i tuoi risparmi a un tasso migliore rispetto al conto corrente.

b)      Qual è il tuo orizzonte temporale? Potresti voler raggiungere il traguardo dei 10.000€ per cambiare l’automobile nei prossimi due anni, oppure avere a disposizione più di 30 anni per investire con l’obiettivo della pensione.

c)       Quanto rischio puoi sopportare? Gli investitori accettano un rischio maggiore a fronte di un rendimento atteso più elevato, soprattutto se investono su un orizzonte temporale medio/lungo.

Valuta il rischio e il rendimento

In linea di massima, un investimento più rischioso può generare maggiori rendimenti. Viceversa, il rendimento atteso è minore per un investimento a basso rischio. Qualsiasi investimento comporta una quota di rischio, per quanto alle volte nascosa. È però importante stabilire in partenza quanto rischio sei disposto a sopportare e quale rendimento potenziale cerchi, coerentemente con i tuoi obiettivi e orizzonti temporali.

Se è chiaro a tutti cosa si intenda per rendimento, meno evidente è cosa si il rischio. Ci sono diverse misure statistiche che lo identificano. In termini concreti si può pensare al rischio come alla perdita massima potenziale in cui puoi incorrere, oppure alla variabilità dell’andamento dell’investimento.

Diversifica

Scegliere i titoli di una o più società e investirci i tuoi risparmi è un approccio altamente rischioso. Se una azienda in cui sei investito attraversa un brutto momento, l’impatto sui risparmi potrebbe essere micidiale. La recente crisi ci insegna anche le società ritenute più solide possono crollare quasi dall’oggi al domani. Investendo in fondi comuni o ETF accedi, anche con poche centinaia di euro, a un portafoglio diversificato composto da decine o centinaia di titoli. Buona norma è anche non esporti a una sola classe di titoli ma detenere, in una certa misura, azioni e obbligazioni su scadenze diverse.

Ribliancia

Con il tempo, alcuni investimenti vanno meglio di altri, il che aumenta il loro peso relativo nel portafoglio. La tentazione di molti è quella di investire maggiormente in quei titoli che stanno avendo i risultati migliori. La soluzione è invece quella di ribilanciare periodicamente i tuoi investimenti. Scegliendo un fondo a gestione attiva, soprattutto con una strategia value, sono i gestori stessi a prendere profitto sui titoli che hanno avuto i risultati migliori per investire dove si vedono le opportunità migliori.

Fai attenzione ai costi

Nel lungo periodo i costi impattano fortemente sui risultati ottenuti dall’investimento. Una recente ricerca ha dimostrato come la struttura dei costi può contare molto più della precisa asset allocation del portafoglio. Se i rendimenti non sono prevedibili, il costo dell’investimento lo è. È bene quindi adottare un criterio di rapporto qualità/prezzo, come si fa in qualsiasi altro ambito, scegliendo il prodotto e il servizio che forniscono il miglior valore aggiunto al miglior prezzo.

Reinvesti i profitti

Gli investimenti generano dei profitti in diverse circostanze. Si pensi allo stacco dei dividendi su un titolo azionario, o di una cedola, o ancora alla vendita in profitto di un titolo. Reinvestire questi guadagni ti permette di beneficiare dell’effetto degli interessi composti, guadagnando gli interessi sugli interessi, con un forte impatto nel lungo periodo. È possibile reinvestire i profitti in autonomia, scegliendo la destinazione dei proventi, oppure investendo in un fondo ad accumulazione, dove dei gestori professionisti fanno questo lavoro te.

Sii coerente

Una volta impostata una strategia di investimento che tenga conto dei 6 punti citati sopra, mantieni la rotta. Una famosa massima dice che il peggior nemico dell’investitore è se stesso. Resisti alla tentazione di stravolgere la tua strategia solo perché non sta dando risultati nel breve periodo, o è in perdita, o per acquistare i titoli che stanno andando meglio o quelli di cui hai letto sul giornale.

DIZIONARIO DEI BOND

I Bond spiegati in 10 punti 

 

Le obbligazioni, in inglese “bond”, sono emissioni di debito per un determinato periodo di tempo al termine del quale il creditore, o compratore del debito, ha diritto alla riscossione del capitale sottoscritto più gli interessi previsti dal contratto (a meno di un default). Sono emessi da società e governi (detti emittenti) per finanziare le proprie esigenze di indebitamento, rifinanziare progetti e investimenti o reperire fondi sul mercato. I proprietari dei bond sono detti obbligazionisti. 

Ecco dieci parole per capire come funzionano le obbligazioni.

Bond senior: Chi possiede questo tipo di bond viene pagato per primo. Il bond subordinato invece viene pagato in subordine.

Bond convertibili: Sono bond che si possono convertire in azioni dell’emittente. In alcuni casi la conversione è obbligatoria (bond convertendo). I bond cum warrant prevedono invece il diritto alla conversione in azioni che però può essere negoziato separatamente dall’azione stessa.

Cedola: È l’interesse che l’emittente paga periodicamente ai propri obbligazionisti. Si chiama cedola perché i primi bond erano muniti di una cedola che si staccava e veniva presentata in banca per avere gli interessi. I bond possono essere a cedola fissa, quando c’è un interesse fisso a scadenze stabilite; indicizzati, quando pagano una cedola variabile che dipende dall’andamento di un indicatore; e senza cedola (o zero coupon).

Corporate bond: L’obbligazione è emessa da una società, quasi sempre una banca o una multinazionale, che si indebita sul mercato.

Minibond: Sono uno strumento di finanziamento per le aziende non quotate in Borsa. Con questo strumento le società possono reperire fondi dagli investitori fornendo in cambio titoli di credito in favore di chi desidera credere nel loro progetto.

Rischio: Le agenzie di rating giudicano la qualità del bond con giudizi che vanno dalla AAA alla D a seconda del grado di rischio cui l’investitore si sottopone. Il rischio è direttamente proporzionale al rendimento, per cui un bond più rischioso attira gli investitori dando cedole più ricche.

Scadenza: Indica la data entro la quale viene riconsegnato all’obbligazionista il proprio capitale iniziale, con l’aggiunta degli interessi. Al netto degli interessi, si parla di valore nominale. 

Supranational bond: Sono i bond emessi da organizzazioni internazionali come la Banca Mondiale.

Titoli di Stato: Sono i titoli del debito di una nazione che viene quindi finanziata in cambio di un interesse. Un esempio sono i BOT e i BTP italiani. I BOT (Buoni ordinari del tesoro) sono bond a zero coupon di durata inferiore o uguale a 12 mesi emessi dal governo italiano; i BTP (Buoni del Tesoro Poliennale) sono emessi dallo Stati italiano con scadenza superiore all’anno solare.

Valore del bond: Nel caso di un “par bond”, bond alla pari, il valore nominale coincide con il valore di emissione. Se invece l’obbligazione è “sotto la pari”, il prezzo di emissione è inferiore al valore nominale: questi sono detti anche “bond zero coupon” per via delle mancanza di cedole, come i BOT e i CTZ. Si parla di “bond sopra la pari” quando il prezzo di emissione è maggiore del valore nominale

 

  Marco Oggero

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ETF è l’acronimo di Exchange Traded Fund, un termine con il quale si identifica una particolare tipologia di fondo d’investimento o Sicav con due principali caratteristiche

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